Chiusura EG a Montebarro

MONTE BARRO 18 SETTEMBRE 2016

Ed eccoci già a settembre. Non sembra vero che anche per questa stagione abbiamo già terminato le escursioni.
Cosa ha caratterizzato questo corso di escursionismo giovanile?
Il NUOVO e … lo STORICO (un modo gentile per dire vecchio).
Nuovi luoghi, nuovi incontri, nuove amicizie …
Storici sguardi che non si stancano mai di incontrarsi, storiche gite che non ci si stanca mai di rivivere.
E poi … la festa a Monte Barro; eh sì perché di festa si tratta.
Festa per quelli in cucina che affettano, puliscono, cuociono; il tutto accompagnato da sonore risate.
Festa per chi cammina e sa bene che, nonostante sia l’ultima escursione, in men che non si dica ne inizierà una nuova.
Festa per chi accompagna i ragazzi, che ricorda i loro occhi colmi di curiosità, le loro fatiche svanite una volta giunti alla meta.
Festa per i genitori che, sommersi da mille impegni, non possono condividere l’esperienza con i loro figli e … Monte Barro è un’occasione per riscattarsi.
E quest’anno abbiamo un motivo in più per festeggiare: l’arrivo della nostra nuova compagna di viaggio

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Saetta McCAI

che da oggi ha un nome, proposto da Giulia Pozzi e votato dalla stragrande maggioranza di noi.
BRAVA GIULIA!
E BRAVI TUTTI!
Arrivederci a presto!
Claudia

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Tuffi al mare

TUFFI AL MARE

3 settembre 2016
Ci siamo! La tanto sospirata escursione sul litorale ligure con tuffi al mare è arrivata.
Ben 83 coraggiosi si sono dati appuntamento all’alba per la partenza.
Programma: arrivo a Riva Trigoso, zaino in spalla, Punta Manara e spiaggia di Sestri Levante.
sestrilevanteArrivati a Riva Trigoso attraversiamo velocemente questo borgo. Il sentiero ci presenta subito una ripida scala che mette a dura prova le buone intenzioni di tutti i partecipanti.
Il cammino a mezza costa ci permette di godere di una vista panoramica mozzafiato dove il verde/blu del mare contrasta con l’azzurro del cielo.
Si giunge a Punta Manara, promontorio del golfo del Tigulio, dove scorgiamo la “baia del silenzio” di Sestri Levante. SPETTACOLO!!!
Riprendiamo il cammino, incontrando lungo il percorso la quercia da sughero, il leccio e il mirto.
L’arrivo a Sestri prevede una sosta culinaria per il rifornimento: focaccia ligure a go go!
Il tempo di arrivare in spiaggia e, in men che non si dica, mi ritrovo solo: sono tutti in acqua!!!
La giornata scorre veloce, tra bagni, tuffi e focaccia.
Alle 18.00 zaino in spalla, visita al paese con degustazione di un ottimo gelato e poi … partenza per Oggiono.
Anche questa è andata ed ora … manca solo il Monte Barro!
A presto
Carlo

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Notturna al Rifugio SEC – 2016

SABATO 2 LUGLIO – NOTTURNA AL RIFUGIO SEC – MONTE CORNIZZOLO

L’ultima uscita, prima della pausa estiva, del gruppo CAI Alpinismo Giovanile, si è svolta sabto luglio.

Questa volta il raduno non era previsto alla mattina, come di consueto, ma nel tardo pomeriggio: destinazione Cornizzolo per ammirare il cielo notturno.

Abbiamo lasciato le auto nel parcheggio sotto la Campora e ci siamo incamminati sulla strada asfaltata che conduce al rifugio M. Consiglieri.

La salita, nonostante l’afa, è stata piacevole. Giunti a destinazione il cielo ha cominciato a rannuvolarsi e si scorgeva una gronda nera sulla pianura. Mentre cenavamo in allegria nei locali del rifugio nuvole basse hanno nascosto la croce, poi, velocemente come erano venute, hanno lasciato il posto ad uno squarcio di sereno e si sono allontanate, permettendoci di vedere sorgere Giove e le prime stelle.

Che vista mozzafiato! A valle brillavano le luci dei paesi; all’orizzonte il bagliore di un forte temporale lontano; sopra di noi l’affascinante spettacolo del cielo stellato, ben visibile anche grazie al potente telescopio montato sulla terrazza. Quante poche occasioni abbiamo per soffermarci ad ammirare questo meraviglioso e suggestivo spettacolo che la natura ci offre quotidianamente!

Ma la serata ci ha riservato anche altre sorprese. Gli organizzatori avevano predisposto nei locali del rifugio uno schermo per seguire in diretta la partita Italia-Germania, ulteriore occasione per condividere un’emozione insieme.

Terminata la partita, un po’ delusi per il risultato, ci siamo incamminati sulla via del ritorno. La notte era ormai calata e, avvolti nell’oscurità, siamo scesi illuminando la strada con le torce elettriche, in compagnia di simpatici rospi.

Prossimo appuntamento a settembre…tutti al mare…

Laura e Marco
(due genitori)

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Alpe di Siusi

SABATO 24 E DOMENICA 25 GIUGNO 2016 ALPE DI SIUSI – Rif. TIRES – PASSO SELLA

 

La famosa “2 giorni del CAI” finalmente è arrivata. Il filo conduttore di questo weekend è stato lo “STUPORE”.
Al mattino del sabato a Bolzano la visita al museo archeologico per un tuffo nel passato. L’incontro con Otzi, l’uomo venuto dai ghiacci, vissuto nel Neolitico. STUPORE per ciò che 5000 anni fa l’uomo progettava e costruiva senza un briciolo di tecnologia, di cui oggi noi non possiamo fare a meno.
rif-tires-01Nel pomeriggio, già pronti per intraprendere il cammino verso il rifugio Tires, veniamo colti da una potente grandinata e troviamo rifugio in un bar della località Campaccio. Stentiamo a crederci: l’estate dovrebbe regalarci sole, cieli azzurri, caldo ed invece CI SORPRENDE con improvvisi forti temporali che ci lasciano senza parole. Ma, passato il peggio, come dei veri temerari, affrontiamo la salita ed arriviamo al rifugio Tires: di nuovo INCREDULITA’ per l’ordine, il profumo di legno nuovo, altro che rifugio, questo sembra un vero e proprio albergo in alta quota!
La mattina della domenica … cielo sereno … ma, il tempo di prepararci, e di nuovo le nuvole ci accompagnano. Partiamo per il nostro giro e questa volta di STUPORE ce n’è veramente da vendere: le Dolomiti con la loro imponente bellezza la fanno da padrone, il verde dei pascoli offre rifugio ai nostri amici animali, le vallate sembrano dipinte. Nel tragitto ci fanno compagnia le marmotte che sembrano non essere disturbate dalla nostra presenza: in fondo c’è sempre un posto per tutti.
Intanto un timido sole ci permette di raggiungere il rifugio Sandro Pertini, dedicato al nostro “amato” presidente (i giovani non lo sanno, ma ci STUPIVA sempre con la sua simpatia). Ci concediamo una bella sosta per il pranzo, il gioco e, perché no, l’abbronzatura. Poi, in breve tempo, raggiungiamo il passo Sella dove ci aspetta il pullman per il ritorno a casa.
Il viaggio è sempre molto animato: le voci perenni dei bambini che hanno sempre una buona scorta di energia, le risate degli adulti, il classico film del ritorno, la fermata all’autogrill. Quest’anno poi un’esperienza nuova: a Bergamo ci troviamo immersi in un vero e proprio nubifragio. Oltre lo STUPORE per un evento mai visto prima, si aggiunge un po’ di paura: ci fermeremo? Il viaggio proseguirà in un fiume di pioggia? Tranquilli! Marco, il nostro simpatico autista, ci permette di raggiungere casa guidando con prudenza e sicurezza: Bravo!
Eh che dire di questa “2 giorni”?: avventurosa, imprevedibile, bellissima.
La natura, ancora una volta, ci ha offerto un insegnamento importante: non sempre noi uomini possiamo avere il controllo su tutto, a volte dobbiamo solo stare a guardare …..MERAVIGLIATI!!
Appuntamento con le stelle, sabato 2 giungo al Cornizzolo.
Claudia

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Rifugio Benigni

DOMENICA 12 GIUGNO 2016

PESCEGALLO (VAL GEROLA) 1454m – RIFUGIO BENIGNI 2222m
Partiamo molto presto: Oggiono è già animata dalla presenza dei primi podisti che danno il via alla consueta camminata Avis.

Arrivati al parcheggio di Pescegallo, in Val Gerola, cominciamo la salita.

Se volessimo trovare una parola ricorrente per l’escursione di oggi potrebbe essere “IMMAGINAZIONE”. Eh sì, proprio così! IMMAGINIAMO, dietro alle nuvole che ci accompagnano per l’intera giornata, il sole che attendiamo già da diversi giorni.

benigniLa vallata è bellissima, anche se mostra i segni di una stagione ancora assopita: la soldanella, fiore tipico che spunta anche nella neve, anima i prati; i rododendri, ancora chiusi nei loro boccioli; non possiamo fare altro che …IMMAGINARE che la loro fioritura colorerà di rosa acceso i versanti della montagna.

Il percorso ci permette di sperimentare un’arrampicata un po’ impegnativa, ma affascinante, tra rocce sporgenti e rigagnoli d’acqua.

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Il guardiano di dighe

Terza uscita Alpinismo Giovanile – CAI Oggiono
Visita alla diga di Moledana (912 m.)
Domenica 8 maggio 2016

Il parcheggio di viale Vittoria colorato di magliette giallo fosforescente dei bambini che rincorrendosi, trovano già il modo di trasformare in gioco il ritrovo di partenza per l’escursione è il primo flash che rimane impresso nella memoria di questa giornata.
Gli accompagnatori del CAI e i genitori sono più impegnati a stiracchiarsi, vista l’ora mattutina domenicale, e consultare sui loro smartphone le previsioni meteorologiche. Danno pioggia a metà pomeriggio. Basterebbe guardare il cielo. Il sole fa capolino fra le nuvole bianche e grigie. Nessuno si perde d’animo. Negli zaini una mantellina impermeabile non manca mai. Soprattutto si confida nella buona stella e che le previsioni non siano azzeccate.
La partenza vera dell’escursione è da Verceia, un paesino della Valchiavenna, situato sulla riva del lago di Mezzola. Quando passiamo in mezzo al paese il colpo d’occhio del gruppo è notevole. Siamo un’ottantina di persone. I trentuno bambini sono davanti con gli accompagnatori, noi genitori aggregati stiamo in coda. Chiacchieriamo mentre attraversiamo le vie in salita del piccolo borgo che a quell’ora del mattino sembra deserto. È solo un’impressione perché la gente, attirata dal nostro vociare, si affaccia alla finestra o sui balconi e ci saluta curiosa. Chissà, gli escursionisti della domenica saranno una divertente variazione alla monotonia dei giorni feriali.
Appena fuori dall’abitato imbocchiamo una mulattiera. Il segnavia indica Valle dei Ratti. Iniziamo a salire entrando in un castagneto. Il sentiero è ripido, a gradini, quasi una scala santa. Quando la vegetazione si dirada si vede il lago di Novate e l’inizio del lago di Como. I profumi del bosco sono intensi e fanno arricciare le narici.
La pendenza è sempre notevole. I ragazzi hanno un passo da camosci. Noi adulti fatichiamo a tenere il loro passo. In montagna ognuno ha il suo. Si formano dei gruppi: i più lenti e i più veloci. Caratteristica comune il silenzio. Ognuno mantiene il fiato sperando in una sosta degli accompagnatori CAI. Ci fermiamo a Piazzo (625 m.), un piccolo agglomerato di vecchie case fatiscenti, ma con una fontana che butta acqua fresca in continuazione. Il ristoro è d’obbligo. Riprendiamo fiato, poi si riparte sempre in salita seguendo i cartelli: Frasnedo e Valle dei Ratti.
La mulattiera incrocia spesso una carrozzabile. Il primo tratto è asfaltato, poi in terra battuta. È proprio sbucando sulla strada che incontriamo un trattore con un carrello pieno di pecore. Le battute sul fatto che gli animali salgano in cima più comodamente di noi cristiani si sprecano.
Dopo circa un’ora di salita raggiungiamo “San Sciucc” (820 m.), uno spiazzo con dei tavoli in cemento e una cappellina con un affresco della Madonna, ancorata a un portico che gli alpini del posto hanno attrezzato con un camino e un tavolo, e una fontana. È un buon riparo se dovesse piovere. Il luogo è circondato da tronchi di vecchi castagni centenari. Hanno la caratteristica di essere quasi completamente scavati all’interno, come se fossero sostenuti solo dalla corteccia.
Incrociamo in questo luogo un altro gruppo di giovani alpinisti, dell’OSA di Valmadrera. Le nostre magliette gialle si mescolano alle loro che sono rosse. Sono diretti anche loro alla diga. Ripartono prima di noi. Li incroceremo al ritorno, sul “Tracciolino”.
Quando riprendiamo la marcia il Tracciolino (912 m.) non è lontano. Sapevamo che lì avremmo trovato una ferrovia, ma la vista dei binari a scartamento ridotto ci sorprende comunque e siamo felici perché ora, proprio seguendo il tracciato dei binari il percorso è pianeggiante e soprattutto siamo vicini alla meta. È incredibile se pensiamo che la costruzione di questa struttura risale agli anni trenta del secolo scorso per servire la costruzione della diga. È un tracciato di circa dodici chilometri che taglia valloni fra i più orridi e verticali che si possano immaginare e collega la diga di Moledana in val di Ratti con la Val Codera. Il trenino è tuttora funzionante. Gli ultimi cento metri sono in galleria. Abbiamo tutti l’impressione di essere in un’attrazione di un parco dei divertimenti, ma qui non c’è niente di finto. È tutto vero. All’uscita dalla galleria siamo catturati dalla vista della diga. Da una parte il lago con l’acqua di un blu cupo, dall’altra la paurosa forra che fa venire le vertigini con la muraglia eretta per trattenere l’acqua del lago. Oltre il camminamento c’è un uomo che ci aspetta. Siamo venuti fin qui per conoscerlo.
L’uscita di oggi non era solo per conoscere la valle dei Ratti, una delle vallate meno conosciute della Valchiavenna, ma soprattutto per conoscere Oreste Forno: il guardiano di dighe.
Siamo accolti dal suo sorriso. Un volto abbronzato, i denti bianchissimi, i capelli lunghi color nocciola, non un filo di bianco. Il fisico asciutto da montanaro. Sembra un giovanotto. Noi adulti un po’ lo invidiamo quando scopriamo che ha sessantacinque anni. «Dicono che gli alpinisti invecchiano di colpo, dalla sera alla mattina, così un giorno mi sveglierò e mi ritroverò un vecchietto molle e bianco» sorride.
I bambini si mettono seduti sul prato che è in leggera pendenza. Lui parla. Tutti pendiamo dalle sue labbra. Spiega come funziona una diga, come l’acqua sia la fonte di energia più pulita che esista. Quanta acqua ci sia nel bacino, come sia importante che tutti gli strumenti di controllo e sicurezza funzionino perfettamente, che una piccola diga come quella di Moledana sia sufficiente da sola per dare energia domestica a tutta la Valchiavenna. I guardiani sono in tre. A turno uno riposa, gli altri due devono essere presenti per due giorni e mezzo. Dice che il lavoro del guardiano di dighe non è un lavoro faticoso. Gli strumenti sono tutti automatici, bisogna solo essere presenti e soprattutto che tutto funzioni. I problemi nascono con i temporali improvvisi, quelle bombe d’acqua che in venti minuti riempiono completamente il bacino. Allora bisogna correre e aprire le paratie per scaricare la massa d’acqua. Certo, devi amare la solitudine, la natura, la montagna… allora è il lavoro più bello del mondo.
Oreste parla con un tono di voce basso. I bambini sono attenti. Qualcuno fa domande. C’è chi vuole conoscere il suo passato, prima di fare questo lavoro. Gli mostriamo un manifesto per la sua spedizione sull’Everest proprio con il CAI Oggiono. Gli occhi brillano, rivelano le emozioni di quei momenti. Lui è uno che ha provato tutto, che è salito le montagne più famose del mondo, che ha condotto spedizioni sulle montagne più alte del mondo… il Pic Lenin, il Cho Oyu…
«Non voglio che si dica che sono un grande alpinista, preferisco dire che sono un grande innamorato della montagna». È reticente sul suo passato. Lui che era avviato ad essere una star acclamata e ricercata dell’alpinismo himalayano, ad un certo punto, ha preferito mettere davanti a tutto il resto la famiglia e fare il guardiano di dighe. Un lavoro che gli consente di vivere in mezzo alla natura e avere tutto il tempo necessario per la sua passione: quella di scrivere libri. Naturalmente di montagna.
Ai ragazzi dice che la montagna gli ha insegnato che la gioia si conquista con la determinazione e con la fatica. Concetto che bisogna applicare in tutto ciò che facciamo. Ci trasmette messaggi di saggezza. La felicità di stare immersi nella natura, di imparare dagli animali che insegue con la sua macchina fotografica. Il suo incontro ravvicinato con la volpe, l’inseguimento all’orso, le aquile, i galli di montagna. Tutti lo ascoltano a bocca aperta. Lui non è un professore ma ognuno di noi da quella cattedra-terrazza sul bacino della diga, circondato dalle cime del Pizzo Ligoncio, dalla punta Medesasca, dal Sasso Manduino, si è reso conto che Oreste Forno è sicuramente un maestro di vita.
Ad un certo punto sentiamo lo sferragliare del vagoncino sui binari. Arriva l’altro guardiano per il cambio. Oreste ci saluta e si avvia sul camminamento della diga. I bambini lo applaudono veramente come una grande star.
Poco dopo anche noi riprendiamo la via del ritorno. Negli occhi la figura di quell’uomo, l’alpinista, lo scrittore, il guardiano di dighe, e le riflessioni per una scelta di vita che ognuno di noi dice che vorrebbe fare ma che in pochi sono in grado di fare veramente: il lavoro più bello del mondo!
Ah dimenticavo! Secondo previsione verso le due è iniziata la pioggia, leggera.

Giovanni Corti

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Tre Corni di Canzo

DOMENICA 1 MAGGIO 2016 – TRE CORNI DI CANZO RIFUGIO SEV
Il meteo prevede pioggia e i dubbi sono molti: passeggiata sotto l’acqua o poltrire al calduccio?
rifugio-sevOk dai, buttiamoci! In fondo due gocce di pioggia non hanno mai dato fastidio a nessuno.
La gita si preannuncia semplice, un’ora e trenta di cammino su strada asfaltata, poi pranzo al rifugio. Al parcheggio siamo pochini, ma si parte…

Raggiungiamo Valbrona in macchina e, lasciate le auto, ci bardiamo con mantelle, kway e ombrelli e incominciamo la salita.
Tra una battuta e l’altra, una chiacchierata, una risata, passo dopo passo, la meta si fa più vicina. Per di più smette anche di piovere e, piano piano, cominciamo a intravedere le prime schiarite e qualche squarcio di panorama del nostro lago e delle nostre montagne che, nonostante le nuvole, hanno sempre un loro fascino (sarà perché sono i nostri luoghi?!).
Senza nemmeno rendercene conto siamo al rifugio dove un bel piatto caldo, l’immancabile fetta di torta e il calore di una stufa riportano il sorriso sui nostri volti. A tavola ce la prendiamo comoda, tra risate, racconti, progetti ; non manca l’argomento “dove trascorrerai quest’estate le vacanze”? Sembrano ancora così lontane, mah! Sarà come per il rifugio, sembra sempre irraggiungibile e poi è dietro l’angolo.
Arriva il momento di ripartire, è già da un pò che non piove più. La discesa, si sa, è sempre più facile e in brevissimo tempo siamo alle macchine.
Ci diamo appuntamento per domenica prossima, alla fine felici dell’avventura appena trascorsa e di aver vinto la pigrizia iniziale.

Mariella

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San Pietro al Monte

DOMENICA 3 APRILE – (Cenno storico) L’abbazia di San Pietro al Monte è un complesso architettonico di stile romanico, situato nella valle dell’Oro nel comune di Civate in provincia di Lecco.

s-pietroIl luogo, che attualmente non è più occupato da religiosi, si compone di tre edifici: la basilica di San Pietro, l’oratorio intitolato a san Benedetto e quello che era il monastero di cui rimangono solo rovine. Le costruzioni facevano parte del complesso dell’abbazia benedettina di Civate comprensiva, nell’abitato, della basilica di San Calocero e delle chiese di San Nazaro e San Vito. Due portali in pietra con sopra inciso il motto Ora et labora ci ricordano la passata presenza qui di frati benedettini.

L’imponente ciclo di affreschi della basilica di San Pietro, che ha come tema l’Apoteosi finale del Cristo e il Trionfo dei Giusti sulla falsariga dell’Apocalisse di san Giovanni, ne fa una tra le più importanti testimonianze romaniche lombarde.

La leggenda di San Pietro al Monte narra che l’ultimo re longobardo Desiderio vi costruisse un cenobio nel 772 per la miracolosa guarigione dell’occhio del figlio Adelchi grazie alle acque di una fonte, che scorre a tutt’oggi vicino alla chiesa.[1] A parziale testimonianza di una presenza tardo antica resti di una torre, cappelle, colonne e murature databili tra il V e VIII secolo.

Il più antico documento, IX secolo, cita la presenza dell’abate Leutgario con trentacinque monaci benedettini legati al monastero di Pfäfers inSvizzera.

Il vescovo di Milano Arnolfo volle essere seppellito a San Pietro 1097 dopo avervi trascorsi gli ultimi anni di vita, probabilmente la sua presenza portò ai lavori di trasformazione dell’XI secolo. L’ampliamento della struttura portò al capovolgimento dell’asse est-ovest della basilica a successivamente alla sua decorazione.

Il monastero fu distrutto per ritorsione dal Libero comune di Milano in seguito allo schierarsi dai monaci con l’imperatore Federico Barbarossa, la comunità benedettina si trasferì a valle lasciando la custodia a pochi monaci votati all’ermitaggio.

Sulla metà del XVI secolo monaci Olivetani tornarono a far vivere l’abbazia, furono scacciati definitivamente nel 1798 durante la Repubblica Cisalpina.

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